46. L’ideale di Dio (5)

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Gatheka Religioso
di Hazrat Inayat Khan

Il Sé e il Merito di Dio

Nella terminologia Sufi il Sé di Dio è chiamato Zat, e le Sue qualità, i Suoi meriti sono chiamati Sifat. Gli Indu’ chiamano il primo aspetto di Dio Purusha e il secondo Prakriti, che in Inglese si possono tradurre con le parole spirito e natura.

Zat, lo spirito di Dio è incomprensibile. La ragione è che ciò che comprende se stesso è Intelligenza, il vero Essere di Dio; perciò la comprensione non ha nulla da comprendere nel proprio Essere.

Senza dubbio, nella nostra terminologia usuale, è la facoltà di comprendere in noi che chiamiamo comprensione, ma qui non significa questo, perché l’intelligenza non è necessariamente intelletto. Un merito è qualcosa che è comprensibile, è qualcosa che è chiaro e distinto, perciò può essere reso intelligibile. Ma l’intelligenza non è intelligibile se non al proprio sé.
L’intelligenza sa: io sono, ma non sa che cosa sono. Questa è la natura di Dio.

L’intelligenza non conoscerebbe qualcosa oltre se stessa. Quindi Dio conosce Se stesso tramite la manifestazione. La manifestazione è il sé di Dio, ma un sé che è limitato, un sé che fa sì che Lui sappia che è perfetto quando confronta il Proprio Essere con questo sé limitato che chiamiamo natura. Quindi lo scopo dell’intera Creazione è la realizzazione che Dio Stesso ottiene scoprendo la Propria Perfezione tramite questa manifestazione.

Poi anche l’idea che è esistita nella tradizione Cristiana è un enigma da risolvere per scoprire la verità della vita. L’idea della Trinità. Quello che lascia perplessa l’anima è il triplice aspetto della manifestazione. Fino a quando l’anima rimane confusa non può raggiungere la conoscenza dell’Uno. Questi tre aspetti sono: Colui che vede, la Vista, Ciò che è visto, Colui che conosce, la Conoscenza e Ciò che è conosciuto. Più semplicemente direi: “Questi sono i tre aspetti della Vita”.

Un aspetto è la persona che vede, l’altro aspetto è la vista, o gli occhi con l’aiuto dei quali vede, e il terzo aspetto è ciò che la persona vede. Quindi non si può accettare subito l’idea che: ciò che vedo è il mio stesso sé; e non si può credere per un momento che “lo strumento con cui vedo sono io stesso”, perché i tre aspetti suddetti sembrano essere separati e guardarsi l’uno il volto dell’altro, come la prima persona, la seconda persona e la terza persona di Brahma.

Quando questo enigma è risolto dalla conoscenza che i tre sono uno, allora lo scopo dell’ideale di Dio è compiuto. Perché i tre veli che coprono l’Uno vengono sollevati. Allora non ne rimangono più tre, allora c’è l’Uno, l’Unico Essere.

Come disse Hegel: “Se credi in un unico Dio, hai ragione. Se credi in due Dei, questo è vero; ma se credi in tre Dei anche questo è giusto, perché la natura dell’unità è realizzata dalla varietà”.


Riflessioni quotidiane sui seguenti punti del Gatheka Religioso 46

Primo punto: “Nella terminologia Sufi il Sé di Dio è chiamato Zat, e le Sue qualità, i Suoi meriti sono chiamati Sifat.”

Contemplazione: Possiamo usare il concetto scientifico del “Big Bang” per trarne un’analogia comparativa per chiarire questo punto. Zat è come la singolarità da cui tutte le qualità manifeste (Sifat) sono emerse.

Secondo punto: ”Lo scopo dell’intera Creazione è la realizzazione che Dio Stesso ottiene scoprendo la Propria Perfezione tramite questa manifestazione.”

Contemplazione: Come parte della Creazione noi partecipiamo a Dio che scopre la “Sua Perfezione”.

Terzo punto: “La natura dell’unità è realizzata dalla varietà”.

Contemplazione: La natura dell’unità è realizzata dalla varietà = Tutto è Dio!

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